A volte mi trovo a parlare con Maurizio Galli, lo storico allenatore dei lottatori modiglianesi, del futuro della lotta e discutiamo sempre su un punto: ma come farà uno sport come questo, così “vero” e così “fisico” a sopravvivere ad un futuro così virtuale?
A volte mi piace provocare Maurizio con frasi come: la lotta insegna ad essere leali e rispettosi con gli avversari? Bene, mi spieghi a cosa serve a questi ragazzi imparare ad essere persone leali e rispettose quando si trovano ogni giorno a vivere in un contesto sociale dove tutto è virtuale, dove ognuno coltiva il proprio orticello senza guardarsi intorno, dove per arrivare non bisogna guardare in faccia a nessuno, dove la meritocrazia si è estinta ormai da tempo e dove la sincerità è un’utopia o comunque è diventata scomoda e fuori moda?
La risposta la si legge nel suo sguardo rammaricato, ma comunque lo sguardo di uno che sa che sta percorrendo la strada giusta, anche se la salita sembra non finire mai.
Forse la lotta è uno sport antico, non solo come origini, ma soprattutto come principi ed insegnamenti.
Forse la lotta è uno sport troppo vero, troppo virile per essere capito ed apprezzato.
Forse la lotta è uno sport troppo nobile e oggi giorno di nobile in giro non si vede un gran che.
Forse la lotta è uno sport che fa paura, che ti avvicina troppo ad un altro individuo, che ti spinge a metterti troppo in gioco, che ti scopre delle tue difese.
E’ uno sport per le persone che decidono di agire e di mettersi in gioco in prima persona.
Una cosa è certa: chi ha fatto la lotta e che ha vissuto certi momenti, momenti veri ed intensi, li rimpiangerà per tutta la vita!
di Rolando Ceruti
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